Vita lunga indi felice? Mah....

<... In prima fila ci sono gli orrori dell’“accanimento terapeutico”, per cui alla naturale paura della morte si è aggiunto un abbietto terrore che ti “salvino”, condannandoti, per anni, a un'esistenza dimidiata, umiliata, indegna di un essere umano. In fondo la morte, se rispetta i tempi naturali, è una cosa pulita, noi siamo riusciti a renderla una vicenda sporca, disumana. Poi c'è la terrificante solitudine dei vecchi e la loro perdita di ogni ruolo. In Europa solo il 3,5% degli anziani vive con i propri figli. E il vecchio, a differenza di un tempo, non è più il detentore del sapere ma, superato dalle continue innovazioni tecnologiche, ha perso questo ruolo. Come scrive lo storico Carlo Maria Cipolla “nella società agricola il vecchio è il saggio, in quella industriale un relitto”. A ciò si aggiunge quell'astrazione crudele che solo la smania codificatoria della borghesia e della Modernità poteva inventarsi: la pensione. Da un giorno all'altro tu perdi il posto, sia pur modesto, che avevi nella società e vieni sbattuto nel magazzino dei ferrivecchi. E adesso vai a curare le gardenie, povero, vecchio e inutile stronzo. Come antipasto ci sono la prevenzione e il terrorismo diagnostico. Qualsiasi età si abbia bisogna controllarsi, palpeggiarsi, auscultarsi, fare una mezza dozzina di esami clinici l'anno. Non si può più fumare, non si può bere, bisogna stare a dieta. Dobbiamo vivere ibernati, vecchi fin da giovani. Il greco Menandro (III secolo a.C.) vedeva lontano, molto lontano, la nostra società, quando canta: “Caro agli Dei è chi muore giovane”. ...>

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