Tumore causato dal cellulare: il tribunale di Brescia riconosce risarcimento

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Per la prima volta in Italia, i giudici hanno documentato il rischio aggiuntivo per i tumori cerebrali e, in particolare, per il neurinoma, dopo dieci anni di esposizione alla radiofrequenze emesse dai telefoni cellulari.

La Corte d’Appello di Brescia, infatti, ha riconosciuto l’invalidità all’80% a un manager che per 12 anni, dal 1991 al 2003, ha utilizzato il telefono cellulare e il cordless per una media di 5-6 ore al giorno e che ha sviluppato due neoplasie. Secondo la sentenza, c’è un nesso causale tra l’attività lavorativa e le affezioni denunciate. L’INAIL, l’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro, è stato così condannato a riconoscere al dirigente una rendita pari all’80% di invalidità, cui si aggiungono gli arretrati e gli interessi maturati nel corso della battaglia legale iniziata nel 2003.

Sulla base degli studi indipendenti più recenti, condotti tra il 2005 e il 2009, la Corte d’Appello di Brescia ha stabilito che il nesso, quanto meno concausale, dell’esposizione alle radiofrequenze nella genesi della neoplasia è documentato, anche perché, si legge nella sentenza, i due tumori del dirigente appartengono al medesimo distretto corporeo e si sono manifestati in una porzione ben definita e ristretta dello spazio endocranico, certamente compromessa dal campo elettromagnetico che si genera per l’utilizzo di cellulari e cordless.

La difesa dell’INAIL, invece, si basava su uno studio del 2000 dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che secondo la corte non tiene conto dell’uso più recente, ben più massiccio e diffuso di tali dispositivi, e su uno studio dell’IARC (International Agency for Research on Cancer), co-finanziato dai produttori di telefoni cellulari.

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